la tentazione di abitare

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Il tipo di paesaggio proposto da Gilles Clément con il termine Terzo Paesaggio non è il paesaggio  montuoso e interrogativo di Musil, né il formicaio metropolitano di Bret Easton Ellis: è il ciglio della strada. Non sono i ricchi giardini goethiani né i deserti di Coetzee: sono i bordi dei campi, quelli dove cresce un’erba strana, senza nome. Non è la città, né la campagna: è un’aiuola dismessa. Non è l’infinito, né il finito: è l’indefinito, l’idecisione.

È definito come residuo, rifugio per la diversità, costituiti dalla somma delle riserve e degli insiemi primari.

Il carattere indeciso del Terzo Paesaggio corrisponde ad un’evoluzione lasciata all’insieme degli esseri biologici che compongono il territorio, in assenza di ogni decisione umana.

Il paesaggio che ci circonda  è molto più di quello che vediamo, che ci sono delle zone che sfuggono al nostro controllo e che, pur avendo uno straordinario potenziale politico, meritano rispetto per la loro verginità e per la loro disposizione naturale all’indecisione. Che il ciglio della strada, l’orlo dei campi, una torbiera o un piccolo orto non più coltivato, un piazzale invaso dalle erbacce o il margine di un’area industriale, laddove non ci sia (o non ci sia più) l’intervento dell’uomo, sono  spazi interstiziali  dove trova rifugio la diversità. E dove, in potenza, potrebbero nascere cose nuove, case nuove, idee nuove, forze nuove, e una nuova modalità di lettura e scrittura del territorio.

Text and picture by Marta Orlando.